Da lì si sposta in Turchia dove impara a fare il saldatore e intanto mette da parte i soldi per proseguire il suo viaggio.
Rimane in Turchia due anni per poi arrivare in Grecia con l'obiettivo di arrivare in Italia via Nave-traghetto. Più volte tenta di imbarcarsi ma viene scoperto e riportato a terra prima che la nave salpasse. Poi finalmente ci riesce, arrivando al porto di Venezia il 10 dicembre 2008.
Arriva di notte e invece di presentarsi alle autorità e ricevere quindi accoglienza essendo minorenne, si nasconde sotto ad un camion, come hanno fatto molti altri prima di lui, e tenta di proseguire il suo viaggio della speranza. Il camion si ferma al semaforo di Campalto, lui come gli avevano insegnato, tentando uscire velocemente, forse cade, non si sa, scatta il verde, il camion riparte e lui rimane schiacciato morendo sul colpo.
Tra le poche cose che aveva, viene rinvenuto un quaderno di poesie. Tre pupazzetti giocattolo di plastica raffiguranti una rondine, un leone e un alce.
Il Comune di Venezia farà tradurre il quaderno che risulterà avere trascritto poesie e canzoni della tradizione hazhara. Saranno contattati i genitori e così il corpo del povero Zaher sarà riportato in patria, come aveva tragicamente pronosticato in una delle poesie del quaderno;
Se un giorno in esilio la morte deciderà di prendersi il mio corpo,
chi si occuperà della mia sepoltura, chi cucirà il mio sudario?
In un luogo alto sia deposta la mia bara,
così che il vento restituisca alla mia Patria il mio profumo.
Qualche anno dopo al giovane afghano sarà dedicato un Bosco a Mestre, a pochi chilometri da dove è caduto: Il bosco di Zaher, dove è stata posta un'installazione dell'artista Luigi Gardenal che ricorda il quaderno del giovane afgano morto in una fredda notte di dicembre lontano migliaia di chilometri dal suo paese.
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